martedì 1 gennaio 2013

24 DICEMBRE di FRANCESCO PAOLO ORESTE

24 DICEMBRE
ore. 14.00 La nuova stazione di Burroncini è già vecchia di sporco, Maria ha nove mesi di pancia ed una borsa a sacca, cinque euro, un pacco di fazzolettini ed è appena scesa dal diretto delle due. Oggi trova casa, si liberano le due stanze di zia Filomena, la sorella di papà, quella che ancora le parla. Papà invece non la vuole più vedere, eppure la nonna aveva diciassette anni quando è nato papà, ma non c’entra Marì, la nonna era sposata, il nonno lavorava, aveva fatto la guerra, e aveva una casa. Tu per tuo padre sei una zoccola e gli hai messo lo scuorno in faccia.
. Zia Filomena invece allo scuorno non ci aveva mai dato troppo peso, era partita da zero e di scuorno in scuorno era passata dal niente ad un basso e poi all’appartamento nelle palazzine popolari ed ora se ne andava a stare da un signore vero, don Mimì, qualche anno in più di lei, trenta in più, ma un signore, un signore che aveva perso la testa per lei. Era ancora bella zia Filomena, bella e senza scuorno e don Mimì le aveva detto “le feste ce le facciamo insieme Filome’, te ne vieni a vivere da me, non tengo niente da vedere con nessuno”. .
E la casa alla Piccionaia, quella nelle palazzine popolari, la zia Filomena l’aveva lasciata il 23, ed il 24 ci poteva andare Maria. Stazione Termini, prendi il due rosso che ti porta a via de Andrè, scendi alla fermata vicino alla fontana, imbocchi il vialone che trovi alle spalle di Garibaldi, duecento metri e arrivi alla “Piccionaia”.
. Scala C, quinto piano, interno 15, due rampe di scale da venti gradini per ogni piano fa duecento, le chiavi dietro al contatore della corrente elettrica e statti attenta ai fili, e le chiavi ci sono, i fili pure, ma l’interno 15 non c’è, il 14 si, il 16 si, il 15 no, il 14 è Gagliozzi, il 16 è Pipitaro e il 15 è un muro in mattoni al posto della porta. Gagliozzi si sarà allargato, o forse Pipitaro, probabilmente tutti e due, e futtete Marì. .
16.00 Cinque euro. Due euro di panino, cinquanta centesimi d’acqua, cinquanta centesimi per chiamare Giuseppe, cinquanta centesimi persi, risponde e attacca, Giuseppe ha preso il largo, ventidue anni in fondo sono pochi, mica ha fatto la guerra come il nonno, e non lavora, per lui è solo un guaio Maria, e quando risponde Giuseppe... Restano due euro e un po’ di fame.
Due euro… chi chiamo? Zia Filomena? La casa famiglia? Papà? Sta creatura ancora deve nascere e già deve chiedere il piacere di poter campare. Una casa, una mamma ed un papà, il nido, poi i desideri, i sogni, le delusioni, ci sono cose che si dovrebbero avere con il modello base e invece no, sta creatura nasce con una mamma bambina e la buonanima di un padre vivo e sperso. .
Loro ci avevano provato a farla ragionare, loro, prima Giuseppe e poi pure papà, “e come si fa”, Giuseppe, “che scuorno”, papà, “non lo possiamo tenere” Giuseppe, “non lo puoi tenere” papà, “la creatura è mia e me la tengo” Maria, e papà l’aveva cacciata, e Giuseppe era sparito e Maria se ne era andata, e vafanculo a Giuseppe e pure a papà. Due euro Maria se li tiene in tasca e se ne torna alla stazione, poi si vede.
17.00 La creatura butta calci, è viva, è forte, è bella, è di Maria, ogni calcio è dolore, ogni calcio è gioia, ad ogni calcio il viso di Maria si contrae in una smorfia d’amore.
18.00 Alla vigilia i treni passano fino alle due, anche i ferrovieri hanno il diritto di sedersi a tavola con la famiglia ad abboffarsi e a scartare regali. Maria intanto comincia a sentire freddo e intanto pensa se farsi arrestare o farsi ricoverare: la stazione è fredda, una mamma brava non se ne deve stare al freddo con una creatura piccola nella pancia, gli unici due tetti sicuri che le vengono in mente sono il commissariato e l’ospedale, ma l’ospedale è troppo lontano, un altro comune, più vicino il commissariato, magari mi portano loro in ospedale. Maria esce dalla stazione, raccoglie un sasso e va a costituirsi.
18.30 Venti ragazzini rom ed il piantone, Maria entra nel commissariato e trova un asilo. Venti ragazzini tra i sette e i dieci anni, quelli che ti guardano negli occhi e ti chiedono qualcosa, quelli che non li devi guardare negli occhi altrimenti sai che finisci per dargli qualcosa, tutti in commissariato. Oggi c’è l’operazione Buon Natale: nessun mendicante tra i piedi mentre la gente se ne va in giro a fare regali e a scambiarsi il buon natale, e allora commissariato dalle otto del mattino alle otto di sera per tutti i ragazzini che mendicano, operazione Buon Natale perfettamente riuscita. Buon Natale.
Ore 19.00 Maria si costituisce al piantone che si rifiuta di arrestarla, è minorenne, è incinta, non ha commesso alcun reato, Maria lo minaccia con un sasso, i ragazzini si mettono a fare il tifo per Maria, il piantone sbatte tutti quanti fuori dal commissariato, chiude il portone e vafanculo, che mi tocca fare la sera alla vigilia e mi tocca pure avere a che fare con pazzi, zingari e bambini.
Ore 20.00 Maria e venti ragazzini rom entrano nel campo nomadi di Burroncini, i ragazzini raccontano al capoclan che Maria ha minacciato il poliziotto con un sasso e lui li ha lasciati andare via, la ragazza è piccola e sta per partorire, c’è una roulotte in fondo al campo, puo’ fermarsi un po’ lì, ma poi se ne deve andare, questo posto è nostro, stranieri non ne vogliamo.
Ore 21.00 Una stella cadente, che non cade del tutto, si ferma a un centinaio di metri d’altezza sopra la roulotte, e splende, e illumina il campo, e lo scalda. Maria rompe le acque, Ionut, dieci anni le tiene la mano, Dumitru, sette anni corre a chiamare una delle mamme.
Ore 22.00 I primi gruppi di curiosi si affollano alle porte del campo, c’è freddo e chiacchiericcio, una luce così bella sul campo degli zingari mi sembra un’ingiustizia, poi dicono che non ci sono soldi per riparare le strade, e poi guarda come illumina, chissà quanto consuma, vorrei sapere chi paga.
Ore 23.00 Tre strani stranieri entrano nel campo con passo pavido e occhi temerari, si guardano intorno, guardano in alto, guardano la stella e la roulotte, e ognuno di loro ha in mano un pacco. Forse non sono tutti e tre stranieri, uno si, sicuramente, è nero, qualcuno dei curiosi dice che sembrano vestiti come dei re, qualche altro dice che sembrano vestiti come dei pazzi, e poi c’è quello nero, chissà se lui il permesso ce l’ha, e chissà quei pacchi dove li hanno presi, e tutto alla luce del sole, anzi di questa stella luminosa, questi vengono a casa nostra e fanno quello che vogliono. Bisognerebbe fare qualcosa.
I tre strani stranieri si fermano dinanzi alla roulotte di Maria, posano i doni per terra e si inchinano in segno di saluto. Quando si rialzano è sparito un pacco.
Ore 23.30 I gruppi di curiosi sono tanti, rumoreggiano, qualcuno brinda, qualche altro ha acceso un fuoco, altri stanno in silenzio e guardano. Sembrano tutti convinti che si debba aspettare, e guardare, qualche altro continua a dire che bisognerebbe fare qualcosa, e la stella continua a brillare ed i tre strani stranieri restano in piedi davanti alla roulotte, e aspettano.
Ore 24.00 Ionut esce dalla roulotte con un sorriso a trentatre denti, la creatura è nata, è nata Giuditta, è bella, salverà il mondo, porta la verità, infatti piange.
0re 24.30 La roulotte di Maria è avvolta da una luce ancora più forte, da un calore ancora più intenso, qualche curioso più curioso degli altri ha dato fuoco alla roulotte alle spalle della sua, bisognava pur fare qualcosa. Qualcuno giura di aver visto lo strano straniero di colore nero girare intorno alla roulotte qualche minuto prima che prendesse fuoco.
F.P.O. 

mercoledì 4 gennaio 2012

L’Arcivescovo di Brindisi nega la comunione agli omosessuali perché “sono malati”


Scritto da andrea
Il giorno 29 dicembre 2011
In Omofobia, screen .
Il blog ultracattolico Pontifex Roma riesce sempre a stupirci in negativo con interviste a personaggi pubblici che deprecano senza tanti giri di parole l’essere gay e lo stile di vita “peccaminoso”, se non proprio la “malattia” che affligge chi ama una persona del suo stesso sesso. Quest’oggi è il turno di Monsignor Rocco Talucci, Arcivescovo di Brindisi-Ostuni, che ci spiega cos’è l’omosessualità:
“Va da sé che si tratta di un disordine anche grave, questo non deve mai comportare da parte dei pastori atteggiamenti discriminatori, ma bisogna essere delicati e misericordiosi, ricordando che da questo disturbo é sempre pensabile la conversione o la guarigione.
Nel caso non si potesse, sarebbe auspicabile e moralmente etico,praticare la castità“.
Talucci non si ferma certo a queste dichiarazioni, che già lo eleggono di diritto l’omofobo di fine anno, ma continua a parlare dei gay dichiarati che secondo lui meritano:
“… comprensione e misericordia alla quale tutti siamo chiamati.
Ma elogiare la apologia della omosessualità, mi pare troppo.
Io come Vescovo, ma qualsiasi uomo di Chiesa, non deve essere lassista e valutare questo gravissimo peccato che da scandalo con la giusta severità.
Lo ripeto, la tendenza omosessuale va trattata con misericordia, quella ostentata e rivendicata come fosse normalità o diritto, mai“.


domenica 11 dicembre 2011

Marino Buzzi:
Ma non si erano detti
disponibili a pagare
l'ICI? Io una
proposta ce l'avrei.

Visto che gli aiuti ai poveri da parte della chiesa sono diventati una forma di ricatto nei confronti dello stato, facciamo in modo che ci siano istituzioni laiche che prendano il posto della Caritas ecc...
E' lo stato che si deve fare carico dei più bisognosi, non la chiesa!!! Visto che anche la carità è diventata merce di scambio togliamo al Vaticano l'opportunità di ricattare lo stato italiano!
domenica, 11 dicembre 2011
Se apro gli occhi
--------------------
Sono nato nel 1976 e, nonostante un padre operaio e comunista, mi sono lasciato cullare dal sogno del benessere. Per benessere, a sentire quel Faletti che negli anni ottanta voleva un bel “giumbotto” e che oggi è preso ad esempio come emblema della cultura italiana, si intende il possedere oggetti, il fare soldi, l’avere potere.
Si sono alternati, al potere, governi e persone, alcune sono entrate e uscite di prigione senza mai smettere di far parte della vita politica di questo paese. Abbiamo creduto in una chiesa che predica povertà e, almeno ai vertici, fa parte del sistema.
Una chiesa che decide quali leggi vanno fatte e quali no, che, addirittura, arriva a sostenere una “disponibilità” a pagare l’ICI senza neppure porsi il problema che uno stato laico non dovrebbe chiedere il permesso alla CEI prima di fare una legge.
Un governo laico e giusto dovrebbe pensare al bene dei cittadini e delle cittadine, non a quello del potere.
Eppure ci abbiamo creduto, abbiamo creduto al sogno italiano, al benessere facile, alla televisione che formava tanti piccoli soldatini pronti a spendere le proprie paghette in qualche oggetto inutile. Abbiamo costruito per il guadagno, abbiamo imbrogliato per il guadagno, abbiamo distrutto per il guadagno.

Ci ho creduto anch’io al sistema.
Prima che crollasse tutto, prima che il disgusto per l’eccesso si impadronisse di me, prima che mi rendessi conto che il consumismo è destinato a un misero fallimento.

Prendiamo a modello i grandi dell’economia, i manager che ci dicono che bisogna essere ottimisti mentre ti mettono davanti un bel piatto di sterco e ti costringono a ingoiarlo, cucchiaio dopo cucchiaio, come in un incubo pasoliniano, ti dicono “sorridi” mentre ingoi e perdi diritti, ti dicono “ci devi credere!
” mentre il tuo stipendio è un decimo del loro.
Arrivi però, dopo che la grande bolla è esplosa e altre sono pronte a farlo, a un punto in cui ti guardi indietro e ti rendi conto che hai lavorato tanto, che hai rinunciato a una parte della tua vita per il lavoro e il capitale, per non avere nulla. Guardi il tuo presente e quello zero che c’è sul conto corrente, siamo neppure a metà mese e questi dicono che devi consumare per far girare l’economia. Consumare. Certo. Peccato che lo stipendio sia finito grazie ad affitto/benzina/tasse varie.
Ogni tanto abbiamo ancora il vizio di mangiare, diciamo grazie.
Ma non si può stare senza il benessere, no?
Allora fai le vacanze a rate, compri la televisione ultimo modello a rate, ti compri l’iphone a rate.
Mica vorrai rinunciare al benessere!
E lavori, certo.
O per meglio dire, lavori se il lavoro ancora ce l’hai e ti rendi conto che, piano, piano, con la scusa della crisi, qualcuno ti chiede qualcosa di più. Prima una cosa, poi un’altra e se alzi il capo ti mostrano la porta e ti dicono: “Abbiamo la fila di gente che cerca lavoro” oppure “Andiamo a produrre in Cina o in Polonia che lì son felici di farsi sfruttare”.

Ma la cosa peggiore è che cercano di mettere le generazioni una contro l’altra. Se siamo in crisi è colpa dei vecchi e delle loro pensioni, certo. Oppure dei giovani che non consumano abbastanza.
Certo.
Però, a un certo punto, apri gli occhi, se non sei completamente idiota, e ti rendi conto che un po’ ti hanno preso per i fondelli. Che consumare non è il verbo e che Steve Jobs, giusto per citarne uno, non era un messia.
E lo so, lo so che qualcuno si arrabbierà e mi dirà che non si parla male dei morti. Ok, va bene. Ma apriamo gli occhi per favore perché ci hanno fregato alla grande.
Mi sento uno zombie ogni volta che scendo dal treno. A proposito avete notato che con i rincari della benzina c’è sempre più gente che utilizza i mezzi pubblici? Sì? Pare che ce ne siamo accorti solo noi perché i treni sono sempre gli stessi, in numero, in passaggi e, purtroppo, anche in odori e orrori. No ma c’è l’alta velocità da fare, certo. Fondamentale come il ponte sullo stretto di Messina.
Peccato che i pendolari utilizzino quei treni di cui non frega niente a nessuno. Si chiamano regionali.

Mi sento uno zombie, dicevo.
Siamo una massa informe di persone che attraversano il sottopassaggio e si riversano nelle vie di Bologna. Abbiamo un cartellino da timbrare e uno stipendio da guadagnare.
Sì, lo stesso stipendio che alla seconda settimana del mese finisce.
Ma bisogna essere ottimisti, certo.
Guardare al futuro.
Certo.
Alla pensione magari. Se ti va bene ci arrivi a settant’anni. Io che ho iniziato a lavorare, stagionalmente, a quattordici anni forse ci andrò a sessantasette. Se le cose non cambieranno ancora, naturalmente. Sono certo che in pensione farò tutto ciò che non ho potuto fare a trentacinque anni.
A dire il vero non ne sono così sicuro.
No, non sono convinto per niente.
Una cosa la so.
Mi guarderò indietro, prima o poi, e mi darò del coglione.
Marino Buzzi

mercoledì 7 dicembre 2011


Daniela Bernardini;
Ici, contributo subito dal Vaticano
Non bisogna attendere una nuova legge
La Cassazione è chiara: le amministrazioni locali non devono attendere per bussare alle casse della Chiesa, esclusa dal pagamento dalla nuova manovra.
Il cardinal Bertone: un problema da studiare

Gesj Rovicone :
La chiesa perde consenso, ma nonostante tutto continua imperterrita ....il denaro e più importante delle anime....

domenica 4 dicembre 2011

Il Natale di Erri De Luca







Nello scasso profondo dei nuclei familiari Natale arriva come un faro sui cocci e fa brillare i frantumi.
Si aggiungono intorno alla tavola apparecchiata sedie vuote da tempo. Per una volta all’anno, come per i defunti, si va in visita al cerchio spezzato. Natale è l’ultima festa che costringe ai conti. Non quelli degli acquisti a strascico, fino a espiare la tredicesima, fino a indebitarsi.

Altri conti e con deficit maggiori si presentano puntuali e insolvibili. I solitari scontano l’esclusione dalle tavole e si danno alla fuga di un viaggio se possono permetterselo, o si danno al più rischioso orgoglio d’infischiarsene.

Ma la celebrazione non dà tregua: vetrine, addobbi, la persecuzione della pubblicità da novembre a febbraio preme a gomitate nelle costole degli sparpagliati. Natale è atto di accusa. Perfino Capodanno è meno perentorio, con la sua liturgia di accatastati intorno a un orologio con il bicchiere in mano.

Natale incalza a fondo i disertori. Ma è giorno di nascita di chi? Del suo contrario, spedito a dire e a lasciare detto, a chi per ascoltarlo si azzittiva. Dovrebbe essere festa del silenzio, di chi tende l’orecchio e scruta con speranza dentro il buio.

Converge non sopra i palazzi e i centri commerciali, ma sopra una baracca, la cometa. Porta la buona notizia che rallegra i modesti e angoscia i re.

La notizia si è fatta largo dentro il corpo di una ragazza di Israele, incinta fuorilegge, partoriente dove non c’è tetto, salvata dal mistero di amore del marito che l’ha difesa, gravida non di lui. Niente di questa festa deve lusingare i benpensanti. Meglio dimenticare le circostanze e tenersi l’occasione commerciale.

Non è di buon esempio la sacra famiglia: scandalo il figlio della vergine, presto saranno in fuga, latitanti per le forze dell’ordine di allora.Lì dentro la baracca, che oggi sgombererebbero le ruspe, lontano dalla casa e dai parenti a Nazareth, si annuncia festa per chi non ha un uovo da sbattere in due.

Per chi è finito solo, per il viandante, per la svestita sul viale d’inverno, per chi è stato messo alla porta e licenziato, per chi non ha di che pagarsi il tetto, per i malcapitati è proclamata festa.

Natale con i tuoi: buon per te se ne hai. Ma non è vero che si celebra l’agio familiare. Natale è lo sbaraglio di un cucciolo di redentore privo pure di una coperta. Chi è in affanno, steso in una corsia, dietro un filo spinato, chi è sparigliato, sia stanotte lieto.È di lui, del suo ingombro che si celebra l’avvento.


È contro di lui che si alza il ponte levatoio del castello famiglia, che, crollato all’interno, mostra ancora da fuori le fortificazioni di Natale.

------------------------


Marco Zappalà
Cei: “manovra poteva essere più equa”.
Monti: “Ici alla Chiesa?
Non ci siamo posti la questione”
Mons. Giancarlo Bregantini, reponsabile
della commissione Cei per i Problemi
sociali e il Lavoro, ha dichiarato all’ANSA
che la manovra del governo Monti, benché
“necessaria”, poteva però “essere più equa,
si è fatto ancora poco.
Si sono fatti passi ma potevano essere
ancora più equanimi”.
Nel frattempo il premier Mario Monti, nella
conferenza-stampa con i corrispondenti
esteri, a una domanda sulla mancata
applicazione dell’Ici alle proprietà
ecclesiastiche a uso commerciale ha
risposto che “è una questione che non
ci siamo ancora posti”.Luciano Vanciu